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Formafantasma: “Più che di case belle abbiamo bisogno di restituire l’idea di comunità”

 

Simone Farresin e Andrea Trimarchi fondano lo studio Formafantasma nel 2009. Vengono definiti come "moderni alchimisti" e basano il loro lavoro sulla fusione di diverse discipline. Nel 2011 il New York Times li ha inseriti nella lista dei designer più influenti per i 10 anni a venire. Il duo non ha deluso le aspettative e ad oggi conta diverse collaborazioni con brand prestigiosi e numerosi premi internazionali, l'ultimo arrivato è il Wallpaper* Awards Designers of the Year.

In vista del Fuorisalone 2021 li abbiamo intervistati su temi di attualità come ambiente, spazio domestico e contesto creativo post-pandemia.

In ambito architettonico e sociale il tema dell’abitare è da sempre al centro del dibattito.
In un momento storico così particolare come quello che stiamo vivendo, ricco di cambiamenti che avvengono rapidamente, secondo voi quali sono i più significativi a cui stiamo assistendo?


Ci sono innumerevoli temi che emergono dalla pandemia, i più evidenti sono la consapevolezza dell’importanza dello spazio domestico ma anche di quello urbano. Se da una parte è evidente come le case necessitino di essere ripensate, è altrettanto chiaro come la pandemia ci abbia fatto capire come l’isolamento sia un problema e spazi condivisi siano necessari. Più che di case belle abbiamo bisogno di restituire l’idea di comunità.

Altro tema fondamentale è la reintroduzione a livello urbano della natura. Non ci dobbiamo accontentare di rendere le nostre case più sicure. Non viviamo di solo spazio privato, ma anche e sopratutto di quello pubblico. Pensiamo alle scuole.

 



"Se la nostra sopravvivenza è la sopravvivenza di tutte le altre specie con cui condividiamo la Terra, il design non può più avere come utente solo gli umani"
 



Sostenibilità, attenzione per l'ambiente sono temi generali ma strettamente legati al vivere contemporaneo e del futuro. In che modo li sviluppate e li applicate al mondo della vostra progettazione? Vi va di parlarci del vostro ultimo progetto con Studio Blanco, ovvero il vostro nuovo sito?

Partiamo da un presupposto. Il sistema economico, finanziario e produttivo attuale non è sostenibile. Non siamo nemmeno sicuri che l’essere umano lo possa essere, ma ci sono molte cose su cui possiamo lavorare. La prima che ci viene in mente è cercare di rendere il design meno antropocentrico. Come potete capire è un paradosso visto che la definizione stessa di design implica il desiderio e l’istinto umano di scolpire l’ambiente che lo circonda per assecondare i propri desideri e necessità.

Dall’altra parte un pensiero ecologico si può sviluppare esclusivamente se comprendiamo come l’interconnessione tra le specie sul pianeta sia fondamentale e indissolubile. Pertanto non possiamo pensare che la disciplina del design si occupi esclusivamente del benessere e dei desideri umani. Se la nostra sopravvivenza è la sopravvivenza di tutte le altre specie con cui condividiamo la Terra, il design non può più avere come utente solo gli umani. De-atropizzare l’attività umana è ovviamente una utopia, ma il tentativo di realizzarla è quello che ci può salvare perché ci porterà a osservare l’esistente non come una fonte da penetrare ed estrarre ma da amare e con cui cooperare.

In questo senso il design può intervenire a diverse scale. Ci sono soluzioni a brevissimo termine. Quelle ovvie come fare scelte materiali e produttive più  sostenibili, pensare al fine vita dei prodotti, il loro riciclaggio.

Poi ci sono soluzioni a medio termine, quelle sistemiche. Qui il design deve lavorare in modo più olistico. Non occuparsi esclusivamente del design del prodotto, ma osservare e riformare la catena produttiva nella sua totalita, dall’estrazione di materia prima alla fase distributiva, di riparazione e riciclaggio.

In fine ci sono soluzioni a lungo termine, quelle filosofiche e speculative che ci aiutino a immaginare modi di vivere, di produrre, di viaggiare, di amare di provare empatia, oltre il capitalismo.

Ovviamente la parte del nostro lavoro più commerciale riesce a essere operativa a questo livello solo in parte. Con i progetti più indipendenti ci riesce meglio. Un esempio è la mostra Cambio per la Serpentine Gallery. La mostra si sposterà a maggio al Museo Pecci di Prato e poi in Svizzera e in Messico. Quando abbiamo discusso con Hans Ulrich Obrist la possibilità di fare una mostra alla Serpentine, la cosa che ci è sembrata più interessante è che la richiesta non era quella di fare una retrospettiva ma di mostrare, come fatto da Kostantin Grcic e Martino Gamper, un modo di vedere il design, una forma di Manifesto.

Un'istituzione come la Serpentine che opera in modo più simile a quello di una Kunstalle, nel senso che non ha una collezione permanente, ci ha permesso di andare oltre il prodotto. Cambio si focalizza sulla governance dell’industria del legno.

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© Gregorio Gonella

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© George Darrell


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© Gregorio Gonella

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© Gregorio Gonella

La mostra cerca di espandere la cerchia di conversazioni che abitualmente il design intrattiene così da includere il lavoro di diversi professionisti che si occupano di discipline come la dentroclimatologia, lo studio dell’anatomia del legno, la conservazione, la filosofia, l’attivismo e le politiche di governance. Questo per costruire una visione più olistica delle responsabilità della disciplina e delle conoscenze necessarie per sviluppare strategie ecologicamente responsabili. Al momento stiamo lavorando con una ditta che si occupa di mobili in legno per portare al suo interno questo tipo di pensiero che si occupa non solo del prodotto, ma della revisione critica della filiera produttiva in relazione ad un biome di riferimento: la foresta.

Per quanto riguarda il sito fatto con Studio Blanco la questione è semplice: l’infrastruttura di internet è pesante e reale, consuma energia a tantissimi livelli. Molta anche solo per il raffreddamento dei server che contengono i nostri dati e immagini.

Per questo motivo abbiamo chiesto a Blanco di seguire una serie di direttive molto restrittive per la produzione di un sito che possa essere più leggero e responsabile. La conseguenza è un sito stringato ma chiaro che noi troviamo anche elegante, dove le imagini sono secondarie al testo e che utilizza font di sistema come l’Arial e il Times New Roman. Dei classici. Il sito è in una doppia versione: bianco per il desktop, nero per il mobile. I telefoni consumano più energia se il contenuto è molto chiaro e luminoso per via di come funzionano gli oled. Questi sono solo alcuni esempi ma sul sito c’è una pagina a riguardo.

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Dal punto di vista creativo che contesto ritenete offrirà il post-pandemia?

Beh il futuro non è roseo. Parliamoci chiaro: la cultura viene penalizzata. Quella più interessante è stata generata dall’Italia durante il boom economico del dopoguerra e non siamo sicuri che il post pandemia rifletterà quello spirito. La decadenza politica italiana è deprimente. Detto questo, crediamo che ci sarà meno spazio per le idee stupide. Sebbene abbiamo tutti bisogno di frivolezza, siamo conspevoli che quella si può ottenere con una bottiglia di vino e due casse decenti. L’altro giorno abbiamo visto dei ragazzini che ballavano in un bosco per evadere le restrizioni della pandemia. Ovviamente è un problema, ma abbiamo anche pensato che si trattasse di una visione bellissima.



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